musica tango | Milango Tango https://milangotango.com Corsi di Tango a Milano Tue, 20 Sep 2016 10:26:44 +0000 it-IT hourly 1 Vecchio e nuovo mondo https://milangotango.com/vecchio-e-nuovo-mondo/ Wed, 26 Aug 2015 17:14:54 +0000 http://www.milangotango.com/?p=3611 L’emigrazione in Argentina e l’arrivo del Tango in Europa Ai primi del 900 l’Argentina veniva chiamata “il granaio del mondo” e l’Uruguay, “la Svizzera delle Americhe” per la ricchezza bancaria e il senso civico...

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L’emigrazione in Argentina e l’arrivo del Tango in Europa
abbraccio nel tango

Il tango nella storia

Ai primi del 900 l’Argentina veniva chiamata “il granaio del mondo” e l’Uruguay, “la Svizzera delle Americhe” per la ricchezza bancaria e il senso civico che vi regnavano. Si trattava di paesi poco conosciuti direttamente, dei quali si poteva soltanto favoleggiare: la comunicazione arrivava del tutto distorta e se ne aveva quindi la percezione come di luoghi esotici e tropicali, animati di donne perdute spagnoleggianti e pericolosi pistoleri.
Questi paesi erano allora invece all’avanguardia, e nella sola città di Buenos Aires c’erano più telefoni che in tutta l’Italia, più automobili che in tutta la Francia, e che si stava costruendo la prima linea della metropolitana con mezzi tecnologici furutistici e un dispendio di denaro più che ragguardevole.
In effetti anche oggi, nonostante le grandi possibilità di informarsi e la facilità a viaggiare, per l’europeo medio aztechi e maya sono assolutamente la stessa cosa e nessuno conosce le peculiarità dei vari paesi del Sud America, come del resto accade anche per l’Africa o l’Oriente: non sappiamo e non ci informiamo. E i latino americani guardano all’Europa come alla madrepatria, considerando marginalmente le proprie origini africane o autoctone.
Nel 1905 i bastimenti che portavano a Buenos Aires gli emigrati d’oltreoceano erano frequenti e con essi arriva in Europa la musica dei primi brani di tango, “La Morocha” e “El Choclo” di Angel Villoldo. C’è chi vede il business e ingaggia lo stesso Villoldo, musicista, cantante e ballerino, per incidere un disco.
I coniugi Gobbi, uruguayano lui e cilena lei, sono la prima coppia di ballerini di tango ad arrivare a New York e Londra, e Parigi.
Ecco che la danza e la musica del tango arrivano nel vecchio mondo, e sbarcano via via altri tangueros, per aprire scuole di danza e suonare.
Rispetto ai balli di coppia come il valzer, il tango è una novità assoluta: i suoi passi sono complicati, le gambe fanno evoluzioni difficili e si coglie subito che non si può imparare giusto facendo un po’ di esercizio, ma che bisogna proprio studiarlo. Ecco che diviene ben presto una moda fra i ricchi e dei nobili. Ovviamente i pareri sono discordi, perché sembra un ballo troppo lascivo e immorale. Ma se ne parla molto!
In Francia è una vera mania. Le signore della buona società imparano il tango da maestri ballerini durante i loro pomeriggi bon ton. Persino la moda ne resta affascinata, e inventa il “colore tango”, fra l’arancione e il salmone e la “gonna tango” con uno spacco sul retro, dal ginocchio in giù.
Nasce la famosa jupe-culotte dello stilista Paul Poirer, i pantaloni alla turca che ancora oggi si vedono indossati dalle ballerine, che favoriscono i movimenti delle gambe senza scoprirle troppo.

Emigranti italiani

ballerini di tango

Ballare tango

La costituzione argentina del 1853 favoriva l’accesso al paese di immigrati europei, nell’intento di farlo diventare uno stato europeo. Buenos Aires si riempì di immigrati, quasi tutti maschi, che in poco tempo triplicarono la sua popolazione, la maggior parte dei quali italiani e di famiglia povera.
Negli Stati Uniti si è arrivati a contare un emigrante italiano ogni sei/otto abitanti, a fine ottocento, ma in Argentina la percentuale era di uno ogni due.
Nel quartiere Boca, nella parte sud della capitale, sulla foce del fiume Plata, vanno a insediarsi i liguri, e l’edilizia stessa ce lo racconta: case basse, lamiere coloratissime e uno stile che richiama certi scorci delle Cinque Terre. I siciliani invece si radicano nella parte nord di Buenos Aires, creando il quartiere Palermo, con l’ippodromo che costituisce una delle attrattive principali.
Un altro 50% degli immigrati sono gli spagnoli, in particolare andalusi e galiziani, ed ebrei in fuga dai paesi dell’Europa dell’est.
In periferia nascono le fabbriche e l’espansione urbana fa si’ che si mescolino persone che prima erano separate. Gli immigrati si sentono fuori posto, e vivono nella nostalgia: cucinano, parlano, si vestono e cercano di vivere come facevano i loro nonni italiani e sono ossessionati dal “ritorno a casa”, che, spesso, sanno impossibile. Per renderla sopportabile, non rimane altro che ricostruire la propria identità localmente. Nasce il dialetto lunfardo, un mix di dialetti italiani e di spagnolo, parlato solo a Buenos Aires, che spesso si immagina come lingua della malavita, creata apposta per non farsi capire. Nasce il Vesre (reves), l’uso di deformare il linguaggio rovesciando le sillabe che compongono una parola in modo da trasformare ad esempio Japon in Ponja e Tango in Gotan. Questi linguaggi vengono abbracciati dalla cultura del tango.

I giudizi sul tango e la sua crescente fama in Europa a fine ottocento/ inizio novecento

Nelle normali scuole di danza installate dai sudamericani in Italia, le donne, per iscriversi alle lezioni di tango, sono tenute ad esibire un’ autorizzazione firmata dai relativi genitori o mariti. E le donne, quando ballano, vanno poi a confessarsi in chiesa! Monsignor Arnette, l’arcivescovo di Parigi, elevando una richiesta di condanna al Sacro Concistorio, lancia l’anatema contro quella danza indecente e lasciva, peccaminosa espressione della malavita, “esotica nel nome e nell’origine”, che Papa Pio X che, nel 1913, per verificare se si tratti davvero di una danza troppo peccaminosa, decide di convocare una coppia di ballerini . Non trova in quell’esibizione nulla di pericoloso per la morale, ma decide di raccomandare alle persone di ballare più che altro le danze italiane tradizionale.
Un giornalista di Rimini ipotizza che il tango faccia male alle signore, poiché, concentrandosi per ballarlo, assumono espressioni che le invecchiano precocemente.
Sta di fatto che tutti ne parlano!

All’inizio del ‘900 molte fra le più celebri canzoni vi si ispirano, con un cliché molto tipico, di violini di tipo tzigano. Basti pensare alla colonna sonora del film di Chaplin “Luci della città”. Anche nelle canzoni italiane si fa riferimento a donne di mal’affare collegate con questo genere musicale: Creola, del 1925, Tango delle Capinere, del 1928, Malafemmina, del 1951, Tango della gelosia, del 1933 ecc.
Persino Stravinskij mette un tango nella sua “Histoire du soldat” (1918), e Kurt Weill e Bertold Brecht fanno altrettanto nell’ “Opera di due soldi” (1928). E molti cantanti lirici si cimentano in questo repertorio, con risultati spesso discutibili…
I soldati della Prima guerra Mondiale lo ballano al fronte, al ritmo dei cucchiai che battono sulle gavette. E i musicisti e ballerini presenti sul territorio europeo si moltiplicano, e prendono Parigi a punto di riferimento. Lo stesso Astor Piazzolla diviene mondialmente noto grazie al suo soggiorno nella capitale francese, che ben si adatta al languore nostalgico degli immigrati sudamericani in Europa.
In Finlandia prende così piede che addirittura nasce un genere di tango locale.
Il fatto stesso che internazionalmente si dica “t come tango” per indicare in modo inequivocabile la lettera T, ci dà una visione chiara della fama enorme del genere musicale!
Dal 1996 i balli standard (valzer, tango, twist e slow-fox) e quelli latini (rumba, cha-cha-cha, pasodoble), entrano nelle Olimpiadi, a titolo sperimentale.

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L’origine del nome https://milangotango.com/lorigine-del-nome/ Tue, 25 Aug 2015 18:23:20 +0000 http://www.milangotango.com/?p=3588 Ipotesi sulla nascita del termine tango Trattandosi di un miscuglio di diversi mondi musicali e coreutici, anche nel suo nome confluiscono le varie culture che lo hanno generato, e la tradizione orale del tango dà...

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Ipotesi sulla nascita del termine tango
immagine di una coppia di tangueri

Ballare il tango

Trattandosi di un miscuglio di diversi mondi musicali e coreutici, anche nel suo nome confluiscono le varie culture che lo hanno generato, e la tradizione orale del tango dà adito a mille interpretazioni senza nessuna certezza.

L’ipotesi più probabile è quella dell’origine africana: sembra che il termine tango designasse il porto dell’ Africa in cui i trafficanti di schiavi neri da portare in America raccoglievano la loro “merce”, e anche il posto, in terra americana, dove li vendevano.

percussioni africane

percussioni africane

Alcuni lo vedono come deformazione della parola “tambor”, tamburo, strumento immancabile della musica nera, anche se estraneo al tango, che, per estensione, simboleggiava i luoghi dove si erano insediati i neri: il termine tambor pronunciato dai neri era tambò, poi tangò e successivamente l’accento, da tronco, si fa piano, divenendo “tango”.

Un’altra suggestiva ipotesi sulla nascita etimologica del termine è che derivi da Shangò, la maggiore divinità Yorubà, il dio delle tempeste e della folgo­re, che domina anche la danza e la musica.

Nel 1926 appare “Cosas de Negros” dell’uruguayano Vicente Rossi, il primo libro che affronta il tango come un serio oggetto di studio, in cui si sostiene che il tango proviene dalla Milonga, la quale a sua volta deriva dal Candombe, creato e coltivato dai neri di Montevideo nelle loro Accademie di danza.

Candombe di Pedro Figari

Candombe di Pedro Figari

Nei quadri dell’uruguayano Pedro Figari (1861-1938), i neri che ballano il Candombe uno di fronte all’altro, con le gambe piegate quasi a sembrare seduti, e il bacino in avanti, e in alcuni momenti si abbracciano a coppie, con forme che ricordano davvero tanto il tango.
Il ritornello del candombe “Caràm cum ta” ha la stessa scansione di “Café con pan”, facile formula mnemonica di cui ancora oggi si servono gli strumentisti dei complessi per eseguire un ritmo onnipresente nella musica caraibica, che costituisce la base del tango rioplatense.

Il ritmo “Café con pan” marcava i passi della Pasacalle e della Contra­danza che ballavano i padroni creoli, ma anche quelli dei loro schiavi che li imitavano.

I neri di Cuba chiamavano il Candombe “Tango Congo”. I bianchi lo chiamavano Habanera, un sinonimo indovinatissimo per cancellare le tracce africane.

Nel Rio de la Plata il ritmo Tango Congo o Habanera viene chiamato Milonga. Anche questo termine è di derivazione africana; proviene dal dialetto kimbunda e significa “parola, chiacchiera”, a indicare il fatto che questo genere musicale veniva cantato, con un ritmo di 3+3+2. Questa scansione ritmica viene usata molto dal tango d’avanguardia, e ne diventa una sorta di punto distintivo.

Un’altra ipotesi, in verità poco accreditata, fa derivare il termine dal latino “tangere” ovvero “toccare”.

 

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Un po’ di storia https://milangotango.com/un-po-di-storia/ Fri, 17 Jul 2015 22:27:17 +0000 http://www.milangotango.com/?p=3552 Le origini del Tango Argentino La nascita del tango (come anche moltissime altre cose, in una lotta campanilistica senza fine) viene disputata tra argentini di Buenos Aires, (porteños) e uruguayani (orientales). La Reina del Plata, la...

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Le origini del Tango Argentino

La nascita del tango (come anche moltissime altre cose, in una lotta campanilistica senza fine) viene disputata tra argentini di Buenos Aires, (porteños) e uruguayani (orientales).
La Reina del Plata, la regina del Mar del Plata è la metropoli, Buenos Aires, e non certamente la piccola capitale uruguayana, Montevideo, ma sulle origini del tango non ci sono certezze, ed è sicuro che molto hanno contribuito entrambe alla sua storia.

Non si può risalire alle sue origini  con grande precisione poiché il Tango è di certo una somma di molti elementi musicali e coreutici che si sono mescolati nel tempo.

L’unica certezza è che nasce a Buenos Aires alla fine dell’800 e fra i suoi progenitori si individuano l’Habanera, la Milonga, il Candombe, e forse il riferimento al Candombe era solo una presa in giro dei neri che ballavano le loro danze, fatta dai bianchi.

Verso il 1880 moltissime persone immigrarono in Argentina, paese enorme e con una densità di popolazione molto scarsa, alla ricerca di una condizione di vita migliore. Nelle periferie di  Buenos Aires il miscuglio di culture e di razze era enorme, e si trattava sempre di persone provenienti da vari paesi, con un grande senso di nostalgia, emozione che si sente fortemente nel tango.

Le prime volte in cui compare nella stampa la parola tango:
– Il 9 ottobre 1859, a Tucuman in Argentina, in uno spettacolo teatrale annunciato dal giornale argentino “El Eco del Norte”.
– Nel 1866, a Montevideo, quando fu ballato per la prima volta il tango El Chicoba, come afferma Vicente Rossi nel suo libro “Cosas de Negros”.
– Assai prima del 1862, secondo lo spartito di zarzuela più antico in possesso del collezionista argentino Bruno Cespi, intitolato El Reldmpago (“Il Lampo”), edito a Montevideo

Il mito del gaucho

Bernabé Simarra

Bernabé Simarra

Una figura chiave dei primordi del tango è il Gaucho, una sorta di cowboy solitario, personaggio poetico e mitico, con coltello e chitarra, vive nelle pampas, un misto di indio e spagnolo, mandriano e avventuroso, giunge in città, dove i cavalli, tutt’altro che liberi, forniscono forza motrice ai tram pubblici appena appaltati dagli inglesi, e prova un acuto senso di estranei­tà, non ritrovando gli elementi del suo mondo. Spesso, per reazione, diventa un Compa­dre, elegante, arrogante guappo di periferia facinoroso, ama la città, la vita notturna e la compagnia. Oppure diventa un Compadrito, il bullo sconclusionato, tutto chiacchiere ed esteriorità, che non si tira indietro se gli capita l’occasione di avere una donna da sfruttare.
Il personaggio del Gaucho “fa subito folklore argentino”, tanto che Bernabé Simarra, ballerino famoso e bravissimo, per “vendere” il suo personaggio in Europa, si traveste da gaucho, per dare alla sua danza, nata in realtà in città, un’aria più caratteristica, e guadagnarsi il pane con la ricca clientela dell’Hotel Excelsior del Lido di Venezia.

Il Tango e la Spagna

Uno dei primi tango scritti su pentagramma fu il celebre brano La Paloma, opera del basco Sebastian de Yradier (1809-1865). I marinai lo portarono a Cadice, città nella quale prende piede, soprattutto nel mondo della Zarzuela, opera di teatro musicale tipica spagnola, col nome di tango o, meglio, di tanguillo.

Il riferimento generico alla musica spagnola è di moda e viene sempre dato creando temi di Habanera, come la notissima aria della Carmen di Bizet “E’ l’amore uno strano augel” (1875), o la Rapsodie Espagnole di Ravel, del 1906.

Il Tango come genere flamenco, è ben diverso dal tanguillo operistico di cui sopra. Nessuno sa dire quali parentele ci siano fra i due generi musicali, e quale sia nato prima, nonostante i molti studi, ma resta chiaro che sono molto diversi fra loro, sia dal punto di vista della danza che della musicalità.

Una cosa è certa riguardo all’arrivo del tango argentino in Spagna: il compositore spagnolo Isaac Albéniz (1860-1909) è stato influenzato da quella musica nello scrivere i suoi bellissimi concerti di Tangos per pianoforte.

Il “tano”, l’italiano emigrato in Argentina

Non bisogna lasciarsi fuorviare da pseudonimi come Julian Centeya (all’anagrafe Amleto Vergiati), Hugodel Carril (Piero Fontana), Rodolfo Lesica (Rodolfo Alberto Aiello), Ray Rada (Raymundo Rogatti), Pepita Avellaneda (Josefa Calatti), Valeria Lynch (Maria Cristina Lancellotti) o Alba Solis (Angela Herminia Lamberti): i cognomi italiani nella storia dei protagonisti del tango raggiungono facilmente il 90 per cento, nonostante la percentuale di popolazione di origine italiana sia di gran lunga più modesta.
I titoli dei brani e i nomi d’arte di musicisti e ballerini spesso si riferiscono alla lingua italiana, e a volte i temi musicali sono ripresi da canzoni popolari italiane, care agli immigrati.

Anche il tango ha contribuito a diffondere lo stereotipo dell’italiano coi baffi, che beve e piange molto, che canta O Sole Mio mentre mangia spaghetti. In Argentina questo personaggio si chiama “tano”, italiano.

Compositori, strumentisti, direttori d’orchestra, ballerini, parolieri, gli italiani hanno dato al tango un apporto storico di grande rilevanza, partecipando in prima persona sia alla sua gestazione, sia alla sua evoluzione.

 

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Le scelte musicali https://milangotango.com/musica/ Sun, 24 May 2015 13:22:21 +0000 http://www.milangotango.com/?p=62 Scelte musicali nel Tango Nel Tango Argentino la danza è la rappresentazione fisica della musica. La musica deve spingere alla danza e rispettare criteri tradizionali. In una serata di solito la scelta musicale prevede...

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Scelte musicali nel Tango

Nel Tango Argentino la danza è la rappresentazione fisica della musica. La musica deve spingere alla danza e rispettare criteri tradizionali.

In una serata di solito la scelta musicale prevede una successione di una “tandas” (turni) di 4 brani omogenei fra loro, separate da brevi intermezzi musicali, detti “cortinas” (tende), che non si ballano e che di solito non appartengono al tango come genere musicale.

Il ruolo del musicalizador, colui che sceglie le musiche, come fa un dj, è fondamentale: deve sentire l’atmosfera che si sta creando in milonga e scegliere i brani migliori di conseguenza, per aiutare i ballerini ad esprimersi al meglio, invitandoli ed incoraggiandoli a ballare ancora. Non si tratta quindi solamente di scegliere buona musica e premere il tanto “play”: i brani devono essere di buona qualità, ovviamente, ma i danzatori devono venire guidati lungo un percorso, come se si stesse loro raccontando una storia.
Troppo spesso le persone sono abituate al concetto di musica di sottofondo, nel loro quotidiano: si va al centro commerciale o in un bar e si fanno altre attività ascoltando distrattamente un brano che risulta assolutamente scollegato da ciò che stiamo vivendo.
La prima cosa che rende interessante la scelta dei pezzi è che chi la attua rispetti la situazione e dia agli utenti ciò che davvero serve loro in quel momento: ciò che vogliono ballare, non ciò che lui pensa che dovrebbero ascoltare!
Va considerato anche il fatto che chi non capisce i testi ha un ostacolo alla comprensione del linguaggio musicale, e quindi vanno scelti brani che abbiano una atmosfera chiara e che siano emozionalmente evidenti.
Oggi l’uso della tecnologia ha grandemente modificato le possibilità di utilizzo della musica: dal vinile, al cd, e poi al computer ci sono grandi differenze. Si può disporre di una varietà impensabile nel passato. E’ quindi adesso possibile creare playlist molto adattabili, sempre considerando di usare buona musica, inserendo brani dell’epoca d’oro del Tango (1935-1955), senza modificare troppo repentinamente il tempo e lo stile musicale, mantenendo però una varietà stimolante, alla ricerca di ciò che possa sostenere la danza e non di ciò che è di moda o di ciò che possa stupire gli ascoltatori.

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